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Warrior: La Recensione

Warrior è una serie televisiva statunitense creata da Jonathan Tropper e Justin Lin e basata sulla figura di Bruce Lee. In Italia è andata in onda su Sky Atlantic a partire dal 15 luglio per un totale di 10 episodi. La serie è stata, prevedibilmente, rinnovata per una seconda stagione. Nonostante alcune buone idee e un ottimo cast, la serie si dimostra acerba e non riesce a convincere del tutto.

Un delicato equilibrio di razzismo e capitalismo

La storia di Warrior è ambientata a San Francisco nell’epoca delle guerre delle Tong, durata approssimativamente dal 1880 al 1920. Si tratta di anni di grande disordine per la città, con una vasta immigrazione dalla Cina in cerca di fortuna. L’arrivo di manodopera a bassissimo costo, chiamata dagli stessi abitanti cinesi “Cipolle”, porta la questione razziale ad esasperarsi. Laddove la Guerra di Secessione è finita, il capitalismo miete ancora le sue vittime. Ecco allora schierarsi da un lato i cinesi e dall’altro la comunità irlandese, in cerca di un lavoro per i suoi membri sempre più velocemente sostituiti dagli immigrati. Tra queste due forze in tensione si pone la polizia, nel disperato tentativo di mantenere l’ordine in città.

Le tensioni tra le Tong

Alla base della vicenda delle Guerre delle Tong c’è l’oppio e la sua vendita. Come nei più classici film sulla malavita, il tema principale è il territorio dove poter vendere la propria merce. A questo si aggiungono debiti non pagati, controllo di una determinata zona, vendette e attentati. Al centro di tutto questo finisce Ah Sahm, una cipolla in cerca di sua sorella che, per la sua perizia nelle arti marziali, viene subito addocchiata e contesa dalle Tong. Il rischio di affrontare un viaggio oceanico per trovare la propria famiglia si rivelerà proprio nel trovarla.

Gli agitatori politici

Queste due situazioni di esasperazione, Tong contro Tong e cinesi contro irlandesi, verranno sfruttati dai politici locali per le imminenti elezioni alla Casa Bianca. Come sempre in questi casi, si scopriranno retroscena interessanti sulle motivazioni dietro l’esasperazione dei conflitti e di come ci siano dei patti per fare in modo che avvengano incidenti che attirino l’opinione pubblica.

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Un cast eccezionale

Sebbene non ci siano grandi nomi del mondo televisivo cinese, questa serie potrebbe fungere benissimo da ottimo trampolino di lancio per il suo cast. Ogni personaggio riesce ad avere un suo momento di introspezione e approfondimento, pienamente sfruttato e interpretato dall’attore. Le arti marziali sono ben coreografate, sebbene non presentate correttamente come invece avviene in altri titoli che si basano su di loro. L’aspetto visivo delle stesse rimane comunque soddisfacente.

Un particolare complimento va fatto alle attrici di questa produzione, che riescono a incarnare donne di potere lasciando però bene intendere quanto fosse difficile vivere in un mondo diverso da quello odierno.

Un andamento altalenante

Alcune delle principali riserve per la serie vengono dal suo ritmo molto altalenante, che non riesce a distribuire equamente gli avvenimenti nelle puntate. Abbiamo episodi che si ispirano al genere Western, molto belle sia dal punto di vista registico che dei dialoghi, e degli episodi cittadini molto lenti e di preparazione. Al termine delle dieci puntate, la serie ha appena incominciato ad entrare nel vivo della storia. Si ha dunque la sensazione di aver assistito ad una lunga introduzione, con pochi avvenimenti realmente fondamentali.

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Vale la pena guardare Warrior?

Nonostante il piccolo difetto di trama appena riportato, la serie è molto bella e offre diverse sfumature di razzismo che possono far riflettere lo spettatore. Consigliata anche a tutti gli amanti delle arti marziali, perché sebbene la serie non si incentri solo su quelle, rimangono comunque un bel vedere.

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