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#playernottoy: perché serve? Intervista a Veronica Fantoni

Parliamo delle motivazioni che hanno spinto Veronica Fantoni a dare inizio alla campagna #playernottoy. Perché questa iniziativa è necessaria?

L’iniziativa #playernottoy ha fatto ampiamente parlare di sé un mese fa, quando è stata inaugurata da questo post di Donne, dadi & dati (DD&D). La reazione della community italiana del gioco di ruolo è stata duplice: in moltissimi hanno prontamente sostenuto la campagna, ma c’è anche chi ha gridato all’esagerazione e al vittimismo femminista.

Ma per quale motivo #playernottoy è nato? In cosa consiste questa iniziativa? Cosa vuole ottenere? Perché Veronica Fantoni si è voluta esporre in prima persona per portare questo messaggio?

A queste domande risponde in breve già questo articolo di Claudia Pandolfi e Aurelio Castro, con la collaborazione di Veronica Fantoni su Pasionaria. Nel nostro articolo, invece, vorrei cercare di approfondire la questione, partendo proprio da un’intervista alla stessa Veronica.

L’articolo dunque si strutturerà in due parti. La prima è un’intervista a Veronica Fantoni, in cui ci verranno spiegate le motivazioni dietro a #playernottoy e il retroscena delle esperienze ludiche personali di Veronica. La seconda parte, invece, sarà un approfondimento mio sulla questione.

Ora, ciò che dirò in questo articolo lo dirò come Gloria Comandini dei Cercatori di Atlantide. Sapete benissimo che faccio anche parte di Donne, dadi & dati. Alla famosa ricerca sulla discriminazione di genere hanno lavorato cinque persone, una delle quali sono io. Oggi però non parlerò come membro di DD&D, ma come redattrice dei Cercatori.

L’articolo è lungo ed elaborato perché #playernottoy è la risposta non banale ad una situazione più complessa. Come ho già detto in questo articolo, le situazioni complesse meritano risposte serie, preparate e (udite udite!) a loro volta complesse, non le semplicionerie da spacconi al bar. Ecco perché l’articolo è lungo.

Veronica Fantoni, ideatrice di #playernottoy
Veronica Fantoni, ideatrice di #playernottoy

Intervista a Veronica Fantoni, ideatrice dell’iniziativa #playernottoy

Cosa ti ha spinta a lanciare l’iniziativa #playernottoy?

Ho deciso di provare a lanciare questa iniziativa in seguito a diversi post comparsi sui social.

Spesso ho visto ragazze presentate come ospiti ad eventi in cui la cosa che veniva sottolineata non erano tanto le loro qualità “ruolistiche”, quanto la loro presenza scenica. Talvolta ai post di pubblicità dell’evento sono seguiti commenti spinti ed espliciti da parte di utenti delle varie pagine. Spesso a tali commenti però non sono seguiti interventi repentini da parte degli amministratori, in alcuni casi addirittura sono stati messi dei silenziosi like ai suddetti post.

#playernottoy voleva servire ad attirare l’attenzione sul problema. A quanto pare qualcosa ho ottenuto.

Perché ti sei rivolta a DD&D?

Ho scelto loro come sostegno per la mia iniziativa per diversi motivi: il loro interesse per le problematiche sociali, le loro conoscenze scientifiche di ricerca che condivido essendo sociologa e perché no, la loro diffusione sui social. Io sono una persona discreta nella vita, quindi avevo bisogno di aiuto anche in questo. In loro ho trovato terreno fertile per la mia idea, ho avuto molto aiuto e sostegno anche nel momento di difficoltà. Non posso fare altro che ringraziare le persone che mi hanno dato una spinta a fare di un’idea qualcosa di pratico

#playernottoy ha suscitato rigetto in una parte molto vocale della community. Come ti sei rapportata con loro?

Molti sono abituati a guardare solo al loro giardino e mi rendo conto che, per buona parte dei player di gdr, le cose su cui vorrei mettere l’attenzione non sono mai successe. Con loro mi sono resa conto che non c’è molto da fare se non augurargli il meglio e che la loro esperienza positiva continui in ogni contesto ludico a cui prenderanno parte. Spero comunque che in futuro possano rendersi conto delle problematiche e quindi cambiare idea su un semplice hashtag.

Si è visto in giro una certa dose di hate speech nei tuoi confronti. Come lo hai affrontato e cosa vorresti dire a chi lo ha prodotto?

Sinceramente conosco questo tipo di comportamenti, sia per studi che per esperienza personale. Verso di loro voglio mantenere un atteggiamento positivo ed accogliente.

Come ho anche scritto in un post di risposta a queste voci, sono disponibile ad offrire un caffè in una delle diverse fiere del settore a cui parteciperò. Sono disponibile ad ascoltare il loro punto di vista e a spiegargli il mio di persona. L’invito ovviamente è aperto anche alle persone che hanno scelto di insultarmi sui social, senza motivo, con il solo scopo di offendere, dando ironicamente ragione alla mia iniziativa. Vorrei che anche loro avessero spazio di espressione.

Tuttavia, una grossa fetta della community ti ha sostenuta a spada tratta. Cosa significa per te il loro supporto?

Ovviamente non posso far altro che ringraziarli. Alcuni dei principali sostenitori della mia iniziativa sono anche persone che nel privato chiamo amici. Sono persone con cui condivido ideali e modalità con cui approcciarsi al mondo del gdr. Persone con cui riusciamo a creare nel nostro piccolo un luogo inclusivo dove giocare.

Anche il sostegno di coloro che non mi conoscono mi dà molta speranza, perché certi tipi di comportamenti contro cui lottiamo non trovino spazio in questo bellissimo mondo dei giochi di ruolo.

Come ha reagito a #playernottoy la realtà ludica che di solito frequenti?

Non avrei potuto sperare di meglio.

Faccio parte di una associazione chiamata APS Adventurers Milano, organizziamo ogni venerdì campagne condivise di diversi giochi alle quali partecipano diverse decine di persone ad ogni evento. Il sostegno che mi hanno dimostrato è stato molto forte, dalle foto scattate con #playernottoy, alle risposte date sui social, fino al sostegno personale che mi hanno espresso durante le suddette serate. In particolare, gli organizzatori che mi hanno sostenuta e difesa a spada stratta.

Ti va di raccontarci un episodio di sessismo, avvenuto nella nostra community, che ti è rimasto particolarmente impresso?

Ovviamente uno degli ultimi accaduti sui social, quello che ha fatto traboccare il mio personale vaso di pazienza.

Una ragazza ospite ad un evento ludico. La foto scelta per pubblicizzarlo ritrae la suddetta ragazza in una posa provocante con un dado di peluche gigante in mano.

Nulla da dire sulla foto: la ragazza è libera di farsi riprendere come più le pare e piace. I problemi sono stati l’infelice scelta del contesto in cui mostrare la foto e, ovviamente, i commenti sessualmente espliciti che ne sono seguiti. Tali commenti non sono stati gestiti in alcun modo dai moderatori. Solo in seguito a segnalazioni su altri canali il post è stato cancellato. Spiegazioni ufficiali dell’accaduto non se ne sono viste.

Ti va invece di raccontarci un episodio particolarmente positivo, dal punto di vista dell’inclusività, e/o di empowering nella nostra community?

Episodi eclatanti da segnalare non credo ce ne siano. Si vede dalle piccole cose.

Dai master “ALLY” che assicurano tavoli di gioco pro-LGBT, alla creazione di tavoli per bambini e ragazzi che possono giocare in un luogo sicuro con una gestione del tavolo su misura per loro, alle schede pensate per giocatori con problemi di dislessia. Scontate le scelte accurate di location con accesso per disabili. Ovviamente la scelta di mantenere gli eventi gratuiti il più possibile e farli gestire da master che condividono ideali di inclusione.

Questo è il mondo in cui gioco e vorrei che tutti condividessero

Pensi che affrontare la discriminazione con prese di posizione pubbliche come quella di #playernottoy possa danneggiare l’immagine della nostra community?

Assolutamente no.

Come dicevo prima, se si sceglie di giocare con amici fidati in contesti casalinghi, difficilmente si potrà entrare in contatto con problematiche di discriminazione. A mio parere, prendere posizione pubblicamente dovrebbe aiutare a prendere coscienza dei problemi che alcune persone si trovano ad affrontare in contesti più ampi, e quindi meno controllabili.

La community dovrebbe prendere atto delle problematiche e diventare una rete di sostegno, invece di essere oppositiva verso ciò che non conosce.

La tua esperienza del gioco di ruolo e della sua community è cambiata dopo #playernottoy?

Ho sempre pensato esistessero realtà diverse nel mondo del gdr, alcune più positive e inclusive di altre. Con questa esperienza ne ho solo avuto conferma.

La cosa mi ha resa ancora più salda nelle mie convinzioni. C’è bisogno di una maggiore presa di coscienza delle problematiche, in particolare, nel gioco organizzato.

Quali cambiamenti vorresti nella community italiana del gioco di ruolo, in termini di inclusività? Quali sono quelli, secondo te, in atto o comunque più raggiungibili?

Mi piacerebbe che gli eventi ludici di qualsiasi natura potessero essere degli spazi sicuri non solo a parole, ma che venissero espressi chiaramente.

Per iniziare basterebbe che i master si prendessero la responsabilità di garantire che al tavolo nessuno si senta a disagio per commenti o azioni di altri giocatori. O che le associazioni dicano chiaramente quali tipi di comportamenti non sono ammessi ai loro tavoli. E che gli amministratori delle pagine social stabiliscano un regolamento etico semplice ed esplicito.

Secondo me mettere queste cose in chiaro fin da subito e agendo, di conseguenza, in modo tempestivo dovrebbe creare un contesto sicuro per i player.

L'immagine promozionale che ha dato inizio a #playernottoy
L’immagine promozionale che ha dato inizio a #playernottoy

Quindi, perché è stato fatto #playernottoy?

Molto semplicemente, perché nella nostra community c’è un problema di sessismo.

Come è stato dimostrato e spiegato ampiamente nello studio di DD&D sulla discriminazione di genere nella community italiana del gdr, il sessismo nel nostro mondo esiste e affligge parte della nostra comunità. Si tratta di un fenomeno generalmente non comune (riguarda circa il 10% del campione), in questi anni, ma che comunque viene sperimentato da una porzione importante delle donne e delle persone non binarie della nostra community.

Queste non sono speculazioni, ma fatti. Se le si vuole rivedere in qualsiasi modo, bisogna farlo attraverso uno studio che replichi questa indagine e produca un numero di risultati paragonabile, ma diverso. Non attraverso le esperienze personali. Le esperienze personali, infatti, possono variare ed essere diverse da quelle riportate nello studio di DD&D. È una cosa normale. Ma lo studio di DD&D è stato fatto raccogliendo oltre 4.000 esperienze personali, permettendo così di avere una prospettiva più ampia rispetto a quella del singolo individuo. Quindi, se l’esperienza di una singola persona non riflette quella del campione generale, ciò non va ad influire la veridicità del campione generale. Semplicemente, una singola persona ha un’esperienza limitata.

Detto questo, vediamo altre questioni relative a #playernottoy, approfittando di questo articolo per rispondere ai dubbi più comuni. Ma prima di tutto, parliamo del casus belli, ossia dell’esperienza di discriminazione, citata pure da Veronica, che ha dato inizio a #playernottoy.

Il casus belli: promuovere eventi di gdr con giocatrici in lingerie

Come scritto anche dai membri di DD&D nell’articolo di Pasionaria sopra linkato e come ribadito dalle parole di Veronica, #playernottoy è un’iniziativa che vuole opporsi ad un problema complesso e studiato, ossia la discriminazione di genere nella community del gdr. Tuttavia, #playernottoy è nato dalla proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Questa goccia è un post pubblicato da una certa pagina Facebook a febbraio 2020. Non nominerò questa pagina Facebook per evitare che possa essere travolta da una shitstorm. Tuttavia, il post interessato è chiaramente visibile nell’immagine sopra.

In questo post, si invitavano i giocatori di ruolo ad un evento ludico/goliardico, presentando però come immagine promozionale non qualcosa di effettivamente legato all’evento, bensì dalla foto di una madrina in intimo. Il post ha ricevuto una serie di commenti in cui si oggettificava la madrina e la si rendeva oggetto di commenti espliciti. Dopo che il post è stato fatto girare in alcuni gruppi Facebook, suscitando reazioni indignate e ostili a questa tattica pubblicitaria, questa certa pagina Facebook lo ha cancellato.

Questo post e questa foto hanno de facto fatto dire a Veronica che la misura era colma e che bisognava creare un’iniziativa per sensibilizzare la community sul sessismo ivi subito dalle donne. Così, Veronica si è rivolta a DD&D per avere supporto e per ideare un piano d’azione. Da questa collaborazione è nato #playernottoy.

Ora che abbiamo riassunto i fatti, vediamo esattamente cosa #playernottoy voglia dire.

Cosa vuole fare #playernottoy?

#playernottoy vuole sensibilizzare la community riguardo al problema della discriminazione di genere nel mondo del gdr italiano. Per farlo, in aggiunta a ricerche e presentazioni approfondite già svolte, si vuol far girare un hashtag per creare una rete di sostegno e di solidarietà nei confronti delle persone che hanno subito discriminazione di genere nella nostra community.

In questo modo, #playernottoy vuole invitare la nostra community a far fronte unito contro la discriminazione di genere. Così che si possa rendere la nostra community un terreno non fertile per le persone sessiste. Certamente, da solo un hashtag non basta per ottenere questo risultato, ma proprio per questo #playernottoy segue la ricerca accademica di DD&D, non il contrario.

Il cambiamento si può avere solo dopo un lungo percorso di educazione e autocritica. Serve ben più che un hashtag per ottenerlo. Ma un hashtag, nel frattempo, potrà mostrare la volontà della community di combattere le discriminazioni di genere. Le tantissime realtà che hanno condiviso o aderito all’iniziativa dimostrano che la nostra community è sana.

Fuori dal dungeon, la raccolta di saggi su tematiche di genere, etnia e classe legate al gdr, a cui ha contribuito anche DD&D
Fuori dal dungeon, la raccolta di saggi su tematiche di genere, etnia e classe legate al gdr, a cui ha contribuito anche DD&D

Si vuol dire alle donne cosa devono o non devono fare?

Alcuni individui hanno reagito a #playernottoy e, soprattutto, alla scoperta del post con la giocatrice in intimo, accusando DD&D di non rispettare la volontà della madrina dell’evento, che è libera di posare per tutte le pubblicità che vuole indossando ciò che vuole. Alcune persone si sono spinte addirittura a dire che DD&D avrebbe fatto slut-shaming nei confronti della modella.

Ora, la situazione è prevedibilmente piuttosto diversa.

Certamente, è vero che la modella aveva dato il proprio consenso a fare questa foto, che è ovviamente una cosa buona. E, difatti, DD&D, che è di matrice femminista intersezionale, non fa ricadere alcuna colpa su di lei.

Infatti, posare nudi o seminudi, il nudo artistico in generale, o comunque il mostrare il proprio corpo non sono cose che il femminismo condanna. L’uso libero del proprio corpo è un diritto della persona, e su questo non si discute.

Tuttavia, una pubblicità come questa presenta altri problemi, come il fatto di oggettificare la modella. Cosa significa “oggettificare”, in questo frangente? Approfondiamo l’argomento con l’aiuto di Aurelio Castro, dottore di ricerca in psicologia e membro di DD&D.

Porre una giocatrice come una merce o un’esca: perché questa pubblicità è degradante per le donne?

“Oggettificare” significa che la modella non è presentata in un modo che, visivamente, la si metta in mostra come persona, dotata di una propria identità, di un proprio carattere, di propri obiettivi e di una propria capacità decisionale. Al contrario, in questa pubblicità la modella è presentata in una posizione non naturale e che non ha altro scopo che far risaltare il corpo della madrina. Pertanto, si toglie naturalezza al corpo femminile per renderlo, in qualche modo, più bello da guardare. In questo modo, si toglie anche personalità alla modella, rendendola quindi un mero pezzo di carne sul mercato.

Esistono proprio dei canoni per capire se un’immagine umana sia oggettificata o meno, come ci spiega Aurelio: una donna oggettificata è ritratta in una posizione innaturale, sottomessa, in cui il suo corpo sembra più piccolo e femminile possibile. Se volete saperne di più, ecco un paper scientifico sull’argomento qui.

Inoltre, questo tipo di pubblicità è oggettificante perché pone la giocatrice come un’entità che “raccatta” i giocatori. In questo modo, le giocatrici in generale vengono trasformate in un’esca per giocatori. Questo uso delle giocatrici non è condivisibile perché non tratta queste donne come parte della community del gdr a tutti gli effetti, bensì come un ornamento che attrae altri giocatori.

Dipingere i giocatori come degli allupati: perché questa pubblicità è degradante per gli uomini?

Oltretutto, questo tipo di pubblicità finisce per essere degradante anche nei confronti degli uomini, poiché tratta il proprio pubblico come se fosse composto solo da proverbiali “maschi allupati”. Quindi, in generale tratta i giocatori di ruolo come persone più interessate ad andare a questi eventi perché “c’è la gnocca”, piuttosto perché sono interessati a giocare di ruolo. Così, questo genere di pubblicità finisce per rafforzare lo stereotipo del nerd single, sfigato e che non vede una donna da anni.

Quindi, in definitiva, questo genere di pubblicità è degradante, in modo diverso, per entrambi i generi. Questo, come potete vedere, non c’entra nulla col fatto che la modella fosse o non fosse consenziente. Certamente, se la madrina non fosse stata consenziente non si sarebbero fatti gli hashtag, ma si sarebbero fatte volare le denunce. Tuttavia, il fatto che la madrina fosse d’accordo nello scattare la foto non nega né la posa oggettificante in cui è stata ritratta, né l’uso di lei (e soprattutto del suo corpo) come esca, né la considerazione dei giocatori uomini come degli allupati.

Una questione aggiuntiva: il tokenism

No, non sto parlando della tokenizzazione della linguistica computazionale. Il tokenism è la pratica di accettare in un gruppo una persona appartenente ad una minoranza, solo per usare questa persona per far fare bella figura al gruppo.

Come mostrato anche dalla ricerca di DD&D, ci sono già stati casi in cui una donna è stata accettata in un party solo per avere una “quota rosa” e dire “noi abbiamo una donna e voi no”. In questi casi, dunque, le giocatrici non sono benvolute o tollerate al tavolo in quanto persone interessate a giocare di ruolo, ma solo in quanto oggetto di vanto o di interesse da parte dei giocatori.

Questa pubblicità, in questo frangente, porta avanti il messaggio che le giocatrici sono accettate perché portano altri giocatori.

Una delle prime immagini di adesione a #playernottoy arrivata dalla community
Una delle prime immagini di adesione a #playernottoy arrivata dalla community

#playernottoy dice che gli uomini sono tutti porci sessisti?

Alcuni commentatori del post in cui DD&D ha lanciato ufficialmente la campagna #playernottoy si sono sentiti personalmente attaccati da questa iniziativa. Infatti, secondo alcuni la richiesta di prendere coscienza delle discriminazioni di genere nella community sottintenderebbe l’accusa a tutti i giocatori di ruolo maschi di essere sessisti.

Ovviamente, non è questo il caso. #playernottoy non è un’accusa agli uomini, ma una richiesta di riflessione e di presa di posizione in merito alle discriminazioni che subiscono le donne nella community. Sei d’accordo sul fatto che le donne debbano essere trattate come giocatrici e non come giocattoli? Allora benissimo, non c’è motivo di non supportare questa iniziativa.

Le discriminazioni nei confronti delle donne all’interno della nostra community sono fatte principalmente da uomini? Sì. Questo significa che tutti gli uomini della nostra community discriminano le donne? No. Significa che c’è un problema e che questo problema ha una tipologia di vittime specifica e una tipologia di carnefici altrettanto specifica. Gli uomini che non discriminano non dovrebbero dunque prendere la cosa sul personale, perché evidentemente non rientrano nella categoria dei carnefici.

DD&D fa battaglie inutili lanciando hashtag e non fa nulla di concreto?

In realtà, DD&D ha fatto molte iniziative utili e importanti per sensibilizzare la community sulla discriminazione di genere e per educare chi gioca di ruolo su tematiche importanti come il consenso al tavolo da gioco. Ne è un esempio proprio la ricerca sulla discriminazione di genere nel gdr, che ha posto le basi per ulteriori approfondimenti e i cui risultati sono stati portati ad un convegno di sociologia all’Università di Trento.

Ne è un altro esempio il panel in cui questa ricerca è stata presentata al Modena Play 2019, e le conferenze a cui le persone di DD&D sono state invitate per approfondire tematiche complesse. Qui citerò solo alcuni di questi eventi, come il Genderplay del 2018, sulla discriminazione di genere nel mondo del gdr, e il Genderplay del 2019, sulle meccaniche di sicurezza nel gdr e nei larp (di cui potete leggere i risultati qui!). Ma panel e discussioni simili si sono avuti anche a Lucca Comics 2019 e si dovranno avere anche al Modena Play 2020.

In generale, i membri di DD&D stanno presenziando a numerosi eventi in tutta Italia per parlare di queste tematiche ed educare al rispetto. Una delle ultime fatiche del gruppo è stato un contributo alla raccolta di saggi Fuori dal Dungeon, edito da Asterisco Edizioni.

Altre iniziative inclusive della community italiana

E negli ultimi anni tutto il mondo del gdr italiano si è avvicinato alle tematiche trattate da DD&D, aderendo a iniziative contro la discriminazione e con molti volti importanti impegnati a rendere la community meno tossica. Ne sono un esempio le iniziative pro-safe space di Need Games e de La Gilda e l’attenzione alle meccaniche di sicurezza nelle convention e nei nuovi gdr. Noi stessi Cercatori siamo da sempre impegnati nell’approfondimento di tematiche delicate, nella divulgazione dell’inclusività positiva e del rispetto al tavolo (genere neutro, rappresentazione, master donne, consenso al tavolo, molestie alle/ai cosplayer ecc) e nella creazione di eventi progressisti.

In generale, la community italiana del gdr sta cambiando molto in positivo e si impegna attivamente per essere più inclusiva e aperta, senza fenomeni di gatekeeping. Vediamo poi come il gioco di ruolo sta sempre più venendo usato anche con scopi educativi, aprendosi ai bambini e alle scuole. Anche in questo modo, il gdr mostra tutto il suo potenziale, uscendo dalla nicchia degli appassionati per essere finalmente compreso e apprezzato dal grande pubblico, senza più le demonizzazioni del passato (e del presente, purtroppo).

Inevitabile e doveroso meme sul flame di #playernottoy
Inevitabile e doveroso meme sul flame di #playernottoy fatto da Aurelio Castro

Hate speech, commenti tossici, trolling e altre cose brutte: la reazione antagonistica a #playernottoy

Se #playernottoy ha ricevuto moltissimo sostegno da parte della nostra community, una parte rumorosa ha colto l’occasione per prendere di mira l’iniziativa. Dai dubbi legittimi e dalle considerazioni educate e ragionate, si è passati ben presto ai commenti tossici e aggressivi.

Certamente, il post con cui DD&D ha lanciato #playernottoy non menzionava la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ossia il post di cui si è parlato sopra. Questa è stata una scelta ragionata, fatta non per omettere informazioni importanti, bensì per evitare che la pagina Facebook che ha pubblicato il post subisse una gogna mediatica eccessiva.

Tuttavia, un certo numero di persone ha comunque trovato opportuno definire #playernottoy una “paranoia”, “fuffa”, “fobia”, “inutile polemica sterile”, “cazzate”, “guerre inutili”, “cose a caso”. Ovviamente, senza aver avuto la premura di approfondire la questione. Perché, si sa, le accuse e le offese sono bazzecole da seminare in abbondanza anche laddove non si ha la certezza che siano meritate.

Non perderò tempo a rispondere a queste accuse, poiché sono automaticamente falsificate dalla ricerca di DD&D. Voglio però che si sappia quanto odio e aggressività hanno subito coloro che hanno proposto #playernottoy. Per fortuna è stata controbilanciata da moltissime adesioni.

Adesioni a #playernottoy e nuovi sviluppi

Una parte considerevole della community italiana del gioco di ruolo ha aderito a #playernottoy, supportando l’iniziativa esplicitamente. Sono stati infatti moltissimi e moltissime a inviare le proprie foto con l’hashtag #playernottoy, sia da giocate private, sia da eventi pubblici. Citiamo qui, a titolo esemplificativo, Morgengabe e La Gilda al GdR al Buio di Bologna, per esempio.

Al Modena Play si avrà modo di approfondire il discorso con i numerosi panel organizzati da DD&D e da persone a loro vicine. Inoltre, tutti/e coloro che hanno avuto da ridire su #playernottoy sono state gentilmente invitate da DD&D a confrontarsi con i membri del gruppo di lavoro di persona, direttamente a Modena.

Nel frattempo, sono state rese disponibili delle grafiche a tema #playernottoy per decorare i profili Facebook. Qui si può vedere quella per le giocatrici, mentre qui c’è quella per tutte le altre persone che vogliono sostenere l’iniziativa.

Una delle grafiche Facebook di #playernottoy, create da Filippo Munegato
Una delle grafiche Facebook di #playernottoy, create da Filippo Munegato

Due parole conclusive

#playernottoy è un’iniziativa che si è basata molto sulla conoscenza pregressa delle persone. Si è basata sul fatto che le persone sapessero già dello studio di DD&D e degli episodi di discriminazione avvenuti nella nostra community. Questo stile comunicativo ha probabilmente reso poco chiara l’iniziativa a molte persone. È legittimo, dunque, avere dubbi e chiedere chiarimenti.

Tuttavia, ci sono alcune persone che hanno pensato che una falla nella strategia comunicativa desse diritto a lasciare da parte l’educazione. Per alcune persone, il non avere tutti i pezzi del puzzle non ha significato “devo approfondire la questione”. Al contrario, ha significato “ora posso blastare tutti”.

Ci tengo dunque a ricordare che il rispetto non è una questione di strategia comunicativa. Il rispetto e l’educazione sono qualità che una conversazione deve avere di default. Veronica Fantoni qui è un esempio di comunicatrice rispettosa ed educata, disposta ancora a prendersi un caffè e a parlare con chi la ha insultata.

A parte questi episodi spiacevoli, sono molto contenta di vedere quanto #playernottoy sia stato ben accolto dalla community. Sono orgogliosa di far parte di un mondo che non ha paura di crescere e di cambiare, di imparare e di mettersi in discussione. Il migliorare se stessi è possibile solo dopo un lungo percorso di comprensione di sé e degli altri, e la nostra community è ben avviata lungo questa strada. Gli esempi positivi da seguire non mancano, come abbiamo già visto, e non temono di fare fronte unito contro queste discriminazioni. Il futuro della nostra community è pieno di possibilità, e sono sicura che sapremo coglierle al meglio.

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